Knowledge economy: some considerations

 
A ben vedere, la «conoscenza», la capacità di acquisirla e di incrementarla, è una prerogativa della specie umana da quando essa è comparsa su questo Pianeta ed è il fondamento essenziale dell’evolversi della Storia. Tuttavia, solo in questi ultimi decenni le questioni relative al concetto di conoscenza vanno assumendo aspetti, per così dire, rivoluzionari: forse, per la prima volta nella storia dell’economia dei suoi
sviluppi, il patrimonio immateriale di un’impresa, di un’organizzazione, di una nazione, assume un ruolo più rilevante del patrimonio materiale rappresentato dalla ricchezza finanziaria o dal possesso delle materie prime. Forse, per la prima volta nella storia, il “sapere” diventa più importante dell’”avere”. Cercherei di definire qualche aspetto qualificante di questo fenomeno, che già oggi sta condizionando il nostro futuro e, soprattutto, quello dei nostri figli.
 
1.La conoscenza, oggi, è integrante.
 
Vanno scomparendo i confini tra creatività e manualità, pensare e realizzare diventano aspetti indistinti e integrati di uno stesso progetto e di una stessa azione.
Questa era una prerogativa degli artisti, di un certo artigianato “nobile” e di certe professioni, come quella del chirurgo; oggi è, sempre più, uno dei requisiti dell’attività
economica in molti suoi diversi aspetti.
 
2. La conoscenza, oggi, è pervasiva.
 
In particolare nell’attività produttiva, è alle sue ultime battute il tempo in cui l’impresa era costituita dai pochi che pensavano (e comandavano) e dai molti che eseguivano. Nell’economia attuale, ognuno ha una quota, piccolo o grande, di conoscenza da mettere in gioco nel patrimonio dell’impresa, senza il quale il sistema potrebbe non funzionare al meglio.
 
3. La conoscenza oggi, è autofertilizzante.
 
Ogni grano di conoscenza sparso crea nuovi germogli, che a loro volta generano altri grani, in un processo di moltiplicazione continua.
 
4. La conoscenza, oggi, è globalizzante.
 
E’ diventato molto difficile, se non impossibile, difendere i propri “segreti del mestiere”, è diventato quasi naturale che ogni innovazione si diffonda rapidamente nel mondo intero. E’, questa, una delle molle che animano la ricerca continua di nuove conoscenze. Uno dei principali fondamenti di questa rivoluzione è lo sviluppo impressionante della ICT. E questo ci pone di fronte a qualche considerazione aggiuntiva. C’è il rischio che le “meraviglie della tecnologia” facciano passare in secondo piano quella meraviglia grandiosa che è l’uomo. In altre parole, c’è il rischio che algoritmi, automatismi, autocontrolli diventino più importanti passioni, di affetti, di emozioni, di confronti d’idee, quali solo la persona umana è in grado di produrre. Allora, è importante che la “rivoluzione” attui particolari misure di difesa e di riequilibrio. Per esempio, smantellando la rigidezza delle gerarchie e consentendo a ognuno di partecipare, in parità di valori e di diritti, all’elaborazione del pensiero comune. O favorendo il lavoro di gruppo, luogo fondamentale per un dibattito e un confronto d’idee “a ruota libera” che vada oltre l’asetticità delle procedure. O, ancora, rivalutando la piccola dimensione (ora che il volume di conoscenza posseduto è più importante del numero di metri quadri o di dipendenti) come luogo di realizzazione di quella “impresa a dimensione umana” così spesso proclamata e così di rado realizzata. Sono solo alcune idee per dare alla “rivoluzione” in atto quel valore positivo che essa può darci e che da essa ci si aspetta in termini di sviluppo pacifico e condiviso da tutti.
 
Mario Bartocci